Com'è bello il mare all'alba.
La spiaggia deserta, l'onda che l'accarezza dolcemente, il sole all'orizzonte che nasce e l'aria è ancora fresca.
Passeggiare sulla riva, ascoltare il suo respiro, sentire il suo profumo così intenso.
E poi fermarsi e rimanere a guardare questo immenso continuo movimento fino a dove l'occhio può arrivare.
Le sensazioni che si provano sono infinite. Il mio respiro è il suo.
Un richiamo...lentamente, passo dopo passo, mi ritrovo immersa nella sue acque
Mi sento abbracciata, baciata da questo amante.
Mille brividi percorrono il mio corpo e mi lascio trasportare, libera da ogni pensiero.
E' come rinascere ogni volta.

L'uomo del faro.....Faro Barra

LA RABBIA E LA SPERANZA

Gigante

Un giorno su un isolotto in mezzo ai sette mari , dove il vento del nord soffiava con la ferocia del ghiacci e ruggiva in continuo mentre il gelo dipingeva gli alberi d’argento e la neve copriva il verde dell’erba con il suo manto bianco, un gigante fermo dietro il muro della sua dimora scrutava come di consueto l’orizzonte. Nulla era diverso dagli altri giorni e nulla mutava quel paesaggio mentre la grandine scendeva vestita di grigio con il suo respiro di ghiaccio.
Non un uccellino in cielo che cantasse, non un fiore sull’albero, non un filo d’erba che uscisse timidamente dalla neve e il gigante con la sua pipa in mano come un vecchio pescatore era sempre lì silenzioso e immobile ad aspettar la sera di un giorno che seguiva l’altro.
Si domandava spesso il gigante come mai sull’isola non arrivasse mai la primavera eppure prima di essere approdato lì l’ aveva vista quella bella donna che rendeva soffici i prati e belli come le stelle i rami degli alberi. Già se lo domandava spesso ma non aveva risposte e così continuava a guardare l’orizzonte tra il sibilo del vento e il ruggito del temporale.
Ma quel giorno l’aria era diversa dalle altre volte e il vento meno ruggente, aveva l’impressione che qualcosa di diverso stesse accadendo, guardava il cielo e notava dei circoli di aria che volteggiavano in spirali diverse e inusuali e lì fermo dietro il suo muro ne osservava i mutamenti.
Da lontano nel punto in cui i sette mari si univano in un unico grande oceano notò un puntino nero, i suoi occhi brillarono e si mosse finalmente dalla sua dimora per cercare di scorgere cosa fosse. Il puntino diventava sempre più grande e prendeva forma davanti ai suoi occhi e lui ora poteva distinguerla bene, era una nave, alto il suo albero maestro spiccava all’orizzonte con il suo pennone e una bandiera svolazzava sull’albero di prua.
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Mare in burrasca

Ogni volta che c’è una spiaggia, e c’è la mareggiata, io ci vado
mi piace il suono metallico dei ciottoli che strisciano sui ciottoli
mi piace quell’odore intrepido di mareggiata
mi piace cercare
non so che cosa cerco, tutta la bellezza del cercare è qui
cercare qualcosa che non si sa.
La natura è vivere, invecchiare, morire, cioè osservare le regole.
Il mare rompe le rocce, rompe il ferro e l’acciaio; 
rompe il coraggio dell’uomo; 
trasforma un masso di pietra in un ciottolo levigato e scorrevole, 
e continua a lavorarlo, a piallarlo, lustrarlo, farlo sempre più piccolo, 
infine è un grano di ghiaia, poi un grano di sabbia, poi un granello di fango; 
e il fango si diffonde nell’acqua non come cosa che è stata pietra ma come un fumo, 
l’alito di una mucca nella stalla.
Tutte le cose che approdano sulla spiaggia quando c’è la mareggiata sono cariche di unè racconto; 
di quello che sono state, e hanno passato, e ora sono diventate quello che sono; 
e non è ancora finita, ora ci sono i loro rapporti con il sole e la pioggia, 
il caldo e il freddo, il giorno e la notte, e l’uomo che passa.
Tutte le cose portate dalla mareggiata hanno i segni della loro avventura, 
la vita è scoprire e provare, avere e non avere, perdere e vincere, piangere e ridere, 
inghiottire e sputare, zucchero ed erba ruta. 
Lo scroscio che fa una cosa di vetro o terraglia che cade e va in pezzi, 
è come un grido animale, lo scoppio di pianto di un bambino; 
è sgomento e disperazione.
(Vittorio G. Rossi)

Manta

...Ero senza parole. Proprio di fronte a me, una creatura delle dimensioni di una grande balenottera volteggiò con grazia, e poi mi girò intorno, curiosando:era attirata da ogni mio dettaglio. Il silenzio era ancora più forte e potevo sentire ogni mia cellula attenta ai movimenti di quel corpo immenso e delicato.
Se esistono gli angeli, pensai, questa era di sicuro una di loro. la grazia dei suoi movimenti, la purezza della sua esistenza, la naturalizza con cui volteggiava in questo cielo liquido mi davano i brividi. Soltanto le bollicine della bombola d'aria mi tenevano in contatto con la realtà. Pregai perchè si fermassero, il respiro non aveva alcun significato nella mia mente, avrei potuto così toccare, anche soltanto per un istante, quella perfezione fermata di fronte a me.
Una manta! L'avevo vista soltanto alla TV e sulle riviste. Avevo sentito dire da qualche parte che una fotografia vale pi ù di mille parole. Non ha senso! Bisogna dimenticare quello che hanno detto gli altri, dobbiamo sperimentare le cose con i nostri occhi e il nostro cuore, ci renderemo così conto di quante cose ci sono state insegnate e che nella vita sono senza importanza.
Guardo la manta. lei guarda me. Sono tranquillo. C'è un contatto perfetto quando il silenzio lascia parlare la verità. Le parole non significano niente, i pensieri dicono tutto.
"Sono venuto da terre lontane, cercando una risposta a una domanda che ormai è radicata dentro di me: perchè con le creature con le quali vivo giorno dopo giorno ho un brutto rapporto?"Per essere veramente felice, tu devi imparare a rispettare e accettare i principi universali che la vita detta. Solo allora sarai in grado di essere in pace con te stesso e l'intero Universo.
La manta aveva suggerito al mio cuore qualcosa che da tanto tempo cercavo di sentire. Circondato da quelle creature e con il suono della quiete dell'immenso oceano, la risposta poteva essere ascoltata a migliaia di miglia di distanza. Non avere paura. capisco quanto solo e ramingo ti sentirai quando abbandonerai l'oceano. Eppure è quello che capita spesso a coloro che hanno la volontà di vivere l'esistenza con tanta intensità: la maggior parte delle volte vedono una luce dove gli altri possono scorgere soltanto tenebre.
Sono stato educato secondo la religione cristiana, ma mi sarebbe piaciuto nascere buddista, perchè così un giorno mi sarei potuto reincarnare e tornare nel luogo a cui sentivo di appartenere. Il paradiso non era in cielo: il paradiso era davanti a me. l'avevo trovato e non volevo lasciarlo mai più. Mai.
(Tratto da: Blu, Una storia di vita e di mare, Sergio Bambarén)

Gabbiano

Era di primo mattino, 
e il sole appena sorto luccicava tremolando sulle scaglie del mare appena increspato. A un miglio dalla costa un peschereccio arrancava verso il largo. E fu data la voce allo Stormo. E in men che non si dica tutto lo Stormo Buona appetito si adunò, si diedero a giostrare ed accanirsi per beccare qualcosa da mangiare. Cominciava cosi una nuova dura giornata.
Ma lontano di là solo soletto, lontano dalla costa e dalla barca, un gabbiano si stava allenando per suo conto: era il gabbiano Jonathan Livingston. Si trovava a una trentina di metri d'altezza: distese le zampette palmate, aderse il becco, si tese in uno sforzo doloroso per imprimere alle ali una torsione tale da consentirgli di volare lento. E infatti rallentò tanto che il vento divenne un fruscio lieve intorno a lui, tanto che il mare ristava immoto sotto le sue ali. Strinse gli occhi, si concentrò intensamente, trattenne il fiato, compì ancora uno sforzo per accrescere solo... d'un paio... di> centimetri... quella... penosa torsione e... D'un tratto gli si arruffano le penne, entra in stallo e precipita giù. 
I gabbiani, lo sapete anche voi, non vacillano, non stallano mai. Stallare, scomporsi in volo, per loro è una vergogna, è un disonore.
Ma il gabbiano Jonathan Livingston - che faccia tosta, eccolo là che ci riprova ancora, tende e torce le ali per aumentarne la superficie, vibra tutto nello sforzo e patapunf stalla di nuovo - no, non era un uccello come tanti. 
La maggior parte dei gabbiani non si danno la pena di apprendere, del volo, altro che le nozioni elementari: gli basta arrivare dalla costa a dov'è il cibo e poi tornare a casa. Per la maggior parte dei gabbiani, volare non conta, conta mangiare. A quel gabbiano lì, invece, non importava tanto procurarsi il cibo, quanto volare. Più d'ogni altra cosa al mondo, a Jonathan Livingston piaceva librarsi nel cielo.
(Tratto da:da "Il gabbiano Jonathan Livingston", Richard Bach, 1970)

L'ONDA

The Pacific Coast

L’onda chiese al mare: "mi vuoi bene?". Ed il mare le rispose . "il mio bene è così forte che ogni volta che t’allontani verso la terra io ti tiro indietro per riprenderti tra le mie braccia. Senza te la mia vita sarebbe insignificante. Sarei un mare piatto, senza emozione. Tu sei l’essenza del mio esistere.". L’onda fu felice. Tra le braccia del mare. Facendo finta, ogni volta di volare via, per dare quel senso di precarietà alle cose, per renderle preziose. Ed ogni volta il mare la riprendeva, con le sue braccia grandi, per riportarla a sé. Raccontano che una notte la luna illuminava il mondo, e l’onda bianca lentamente, in un ballo infinito, scivolava tra un prendersi e un lasciarsi, col mare che stendeva le braccia per poi ritirarle, facendo finta a volte di non poterlo fare, perché l’onda potesse assaporare anch’essa quella precarietà che rende le cose preziose. L’onda ed il mare sono ancora lì, nel gioco infinito delle emozioni. E fanno finta che sarà l’ultima volta che l’onda partirà verso la terra, per non tornare più, ma poi, alla fine, è più forte su tutto il bisogno di riprendersi. Nel sogno di un bene senza fine.(Anonimo)

LOST AT THE SEA

Faro

Di sera, alla luce di un lume a petrolio, sul tavolo di cucina, il dito duro e calloso del padre lo guidava, sulle carte nautiche, in viaggi meravigliosi. E il suo dito di bambino, stregato da rotte, fari, secche e nomi che bruciavano come lingue di fuoco sulle labbra dei marinai, lo seguiva incantato. Pensava di imparare a partire e andare lontano. Imparava qualcosa di ben più prezioso: la strada di casa. Ogni sera, in quei viaggi simulati, il dito del padre lo guidava sempre più lontano solo per istruirlo nell'arte del ritorno.
Questo, prima di qualsiasi altra cosa, erano i marinai che raccontavano storie meravigliose giù al porto: ritorni.
Non avrebbe potuto trovare maestro migliore. Se esiste il gene del ritorno, infatti, suo padre lo aveva. Apparteneva a quella categoria di uomini che, naufraghi e soli su un'isola deserta, trovano sempre la strada per tornare a casa, purché abbiano un coltello e possano mettere le mani su un albero. Lui, il suo albero, l'aveva già scelto. Se era ancora troppo piccolo per prendere la strada del mare, era abbastanza grande, almeno, per scegliersi un albero. A guardarlo bene, però, era già una promessa di nave.
Nel bel paese di Nuova Scozia, infatti, dove nacque in una fredda località nella zona più fredda della North Mountain, un freddo 20 febbraio, cresce il robusto "spruce", adatto a fare costole di navi e col quale si sono costruiti bastimenti di ogni tipo.
Dalla cima del suo albero, come in cima alla coffa di un veliero  in tempesta,scrutava il mare. E sognava. Da quelle parti i sogni si pagano in nasi blu (così vengono soprannominati gli abitanti del luogo) e mani tagliate dal vento. Sogna più a lungo chi resiste di più al freddo.
Lui sognava più di tutti. Nei giorni di nebbia i suoi occhi, stretti a fessura,affondavano nel mare bianco, tra i fantasmi di Melville. Con il bel tempo, invece, correvano dietro alle baleniere fino all'orizzonte. Laggiù, oltre la grande curva del mare, gli occhi cedevano il posto ai sogni. E i sogni correvano come raffiche di maestrale. Forse fu allora che, stretto al suo albero, giurò che per tutta la vita li avrebbe inseguiti e che alla fine, lui e l'albero della sua nave, come una cosa sola, li avrebbero raggiunti. Diede un nome al suo sogno. Lo chiamò il raggiungimento della felicità. Sognò di farlo proprio così: stretto al suo albero. E sognò di farlo come nessuno lo aveva mai fatto: Solo. Anche lui, come i vecchi marinai del porto, sarebbe tornato. Anche lui, giù al porto, avrebbe raccontato la sua storia ai bambini. Una storia, però, che orecchie umane non avevano ancora ascoltato........
(vai al link)
In honor of
CAPTAIN JOSHUA SLOCUM
The first man to sail around the world alone. April 24. 1895 to june 27.1898.
He was borne on North Mountain, february 20, 1844.Lived at Westport until he went to sea in 1860.
The captain and the Spray were lost at sea in november 1909

LA MIA ISOLA

Roatan

Roatan,un’isola nel mare dei Caraibi. Roatan è verde, di quel verde intenso e cupo reso fresco e pulito dalle abbondanti piogge tropicali: anche le gocce di pioggia hanno il colore della foresta. Ma se guardi bene alcune gocce invece sono rosse, di un colore caldo e fiammante come gli splendidi fiori che sembrano stelle nel firmamento della foresta. La spiaggia è di sabbia fine, bianca riflette la luminosità e il calore del sole dell’equatore e si perde nel mare davvero “verde acqua”, una tonalità che ho visto soltanto quando ero bambina nelle scatole dei pennarelli e che mi piaceva tanto: allora capisco che qualcuno deve averlo visto quel colore forse proprio lì, e deve averlo amato tanto da volerlo racchiudere in un pennarello per non perderlo più. Poi mentre guardo l’Oceano, una macchia gialla mi vola vicino: una macchia con le ali di una farfalla. E per inseguirla mi tuffo nell’acqua cristallina e ritrovo tutte le tonalità: il viola e l’ arancione dei coralli, ogni sfumatura del verde, blu con strie fluorescenti che ti danzano intorno. Sugli scogli piccoli rettili ricordano miniature di dinosauri, sono grigi, ma più grigi dell’asfalto, stanno immobili e si caricano del calore del sole. Poi, al tramonto, il cielo si riempie di tutte le varianti del rosa e in questo arcobaleno che vive, sento finalmente di vivere anch’io.
(Diana)

Donna

….guardavo le onde infrangersi laggiù sulla riva.Ci tenevamo per mano , il vento era fortissimo e il precipizio era profondo. Avevi paura di cadere e ti tenevi a me indietreggiando….
……il cielo era cupo e la schiuma del mare era così bianca e suggestiva! Fu uno scenario indimenticabile….
…credo che il mare sia presente nel cuore di tutti coloro che scrivono, di tutte le persone che conoscono la sensibilità..e a pensare che mia zia Nella ha90 anni e non l'ha mai visto….
….qui su questi scogli, in questa sera buia, cerco di rovistare nell'animo per trovare una nicchia, uno spiraglio di luce. Ci sono le luci del porto e in qualche modo riesco a scrivere. Che silenzio stupendo! Solo io e le luci del porto, e la notte.
(Marco Chierici)

Ischia

Du ciel à la mer, ce n’était qu’une infinie variété de bleus.
Pour le touriste, celui qui vient du Nord, de l’Est ou del’Ouest, le bleu est toujours bleu. Ce n’est qu’après, pour eu qu’on prenne la peine de regarder le ciel, la mer, decaresser des yeux le paysage, que l’on découvre les bleus gris, les bleus noir, et les bleus outre-mer, les bleus poivre, les bleus lavande. Ou les bleus aubergine des soirs d’orage.
Les bleus vert de houle. Les bleus cuivre de coucher de soleil, la veille de mistral. Ou ce bleu si pàle qu’il en devient blanc.
Extrait du livre "Chourmo"

Barca sulla spiaggia

J’avais tourné la téte et laissé mon regard filer vers l’horizon.Là où la mer devient plus sombre. Plus épaisse. Je m’étais dit que la solution à toutes les contradictions de l’existence était là, dans cette mer. Ma Méditerranée. Et je m’étais vu me fondre en elle.
Me dissoudre, et résoudre, enfin, tout ce que je n’avais jamais résolu dans ma vie, et que je ne résoudrai jamais.
Extrait du livre "Solea"

IL MIO MARE

Mare

Il mare fa infrangere le sue onde sulle scogliere, è grande, maestoso, pare che col vento così forte lo voglia far notare ancora di più, è nero, cupo, pare una massa scura che voglia travolgere tutto da un momento all’altro.
Lo amo anche così, forse ancora di più, mi da delle sensazioni molto forti, io e questo mare viviamo insieme tutti i giorni, mi fa compagnia, mi ricorda l’uomo che amo, mi da tante gioie quando è calmo, la sua trasparenza, il leggero vibrare ti accarezza come se volesse farti capire che ti vuole bene.
A volte quando sono triste, l’unica cosa che mi fa pensare razionalmente è mettermi davanti a lui e guardarlo, il vederlo così grande mi fa capire che i miei problemi sono a volte banali e futili e soprattutto confrontandoli con lui piccoli, mi rasserena, mi da pace, il suo rumore nel silenzio è come una dolce melodia.
Tutto è nitido ciò che lo circonda: le lunghe spiagge bianche sembrano di velluto scolpite da quelli che sembrano messaggi mandati dal vento, soprattutto d’inverno dove il silenzio fa da padrone di casa, ma anche d’estate, variopinte, meta preferita da gente che ama il calore che esse emanano.
I gabbiani che con i loro stridii si lasciano cullare dal vento e a volte pare vogliano quasi caderci dentro senza mostrare paura per quel qualcosa che è senz’altro più grande di loro.
Le alte scogliere, barriere impetuose, forti e ferme che lottano contro di lui, quando adirato pare voglia scagliarsi contro per travolgere tutto.
E poi, il sole, la luna, le stelle tutto riflette su di lui dandogli mille colori, mille bagliori uno diverso dall’altro, e ciò fa capire quanto lui può accogliere tutto dalle lucentezze del giorno alla cupità della notte.
(Anna Piras)